CAMERUN RAID
di Marco Gumina
Ormai ho deciso………. bianco sono nato e bianco voglio rimanere, quindi rifuggo
il sole. Ecco perché mi ritrovo alle 5 di mattina presso l’ aeroporto di
Douala, sotto una pioggia battente che assomiglia però ad una doccia calda
non richiesta. L’ umidità è altissima anche per un “Padano “ come me. I
giorni successivi sono caratterizzati da cielo grigio e rovesci, che si
presentano con puntualità svizzera (mattina presto e tardo pomeriggio).
Quando esce il sole il caldo e l’ umidità si fanno sentire con violenza.
Douala è una grande città, disordinata e pericolosa la notte. Il kit del
turista nottambulo (come il sottoscritto) prevede soldi contati in tasca,
fotocopia dei documenti e una discreta prontezza di riflessi (caso mai ci
fosse da scappare !), inutile
aggiungere che è obbligatorio o quasi muoversi
in taxi, le passeggiate possono causare spiacevoli incontri. La dogana e
altre formalità ci costringono a restare 4 giorni. Infine partiamo ! La prima
meta è Bafoussam, che raggiungiamo sotto un vero e proprio diluvio, ma
immersi in una lussureggiante vegetazione. Decidiamo di non visitare la zona
della Ring Road per i forti temporali in corso e procediamo per Banyo. Inizia
la pista di terra rossa fiancheggiata dalla foresta, questa sarà una costante
per il resto del viaggio. La terra rossa è una fedele amica quando è secca
mentre diventa traditrice quando piove. Lo sperimento rapidamente, seguito
dagli altri partecipanti, esibendomi in una derapata con happy end in un
fosso che mi accoglie a braccia aperte. Momento di terrore perché vengo
sfiorato da Alessandro che ci regala una elegante curva in contro sterzo (non
voluta) e si arena poco più avanti. Quest’anno ho adottato un leggero
monocilindrico, vetusto ma efficace, con il quale il divertimento sui terreni
fangosi e sabbiosi è assicurato.
Il giorno successivo la pista diventa sempre più affascinante mentre
procediamo verso Ngaounderè, e finalmente arriva il sole, “season break” come
dicono i locali. Il paesaggio è una esplosione di colori, piante verde
smeraldo, fiori gialli e terra rossa contro il cielo azzurro, l’ Africa
continua ad incantarmi. Dopo Ngaounderè ritroviamo l’ asfalto fino a Garoua
dove incontriamo la nostra guida Ya-Ya, nato in Chad. Da Garoua proseguiamo
per Roumsiki, il paesaggio diventa sempre più verde, la pista corre lungo il
confine con la Nigeria segnato da imponenti montagne di pietra nera. Il tempo
ha levigato questi massi, che sembrano tanti panettoni giganti lanciati in un
bosco immenso. Roumsiki ci accoglie con la nebbia, entriamo nei toukoul del
Petit Paris. L’ albergo è bello, peccato che un temporale abbia interrotto l’
erogazione di energia e la illuminazione sia affidata alle torce e ad una
lampada a petrolio. Fantastica cena a lume di candela presso il “Don
Chisciotte” con pane fatto in casa e squisite salse. A Mokolo vediamo il primo
mercato, in questi mercati le merci non hanno nulla di particolare ma sono le
donne, vestite con tessuti coloratissimi, la vera attrazione. Il mercato è
ovviamente affollatissimo e funge anche da luogo di incontro per i locali,
che si scambiano le ultime notizie. Poi il mercato di
Tourou, dove le donne
indossano i tradizionali copricapo ricavati da zucche , anche qui corriamo
lungo il confine nigeriano e riesco a fotografare un villaggio “oltre
cortina”. Proseguiamo per Mora, Alex il “capo” si infortuna e dobbiamo
caricarlo sulla macchina, la pista è in assoluto la più bella incontrata,
guadiamo 3 fiumi, in piena per le piogge. Il primo guado si presenta al
tramonto con fondo sabbioso e sponde in terra rossa; splendido. Ci cimentiamo
nella traversata, motore su di giri e via. La corrente nel secondo guado è
abbastanza violenta e sommata alla profondità dell’ acqua richiede di entrare
in velocità pena l’ arresto della moto. Alessandro infatti cade in mezzo al
fiume e grazie ad un rapido intervento riusciamo ad impedire che la moto
“beva”. Incontro una ragazza bianca in bicicletta con il casco e mi fermo
sorpreso; è una volontaria americana in Africa da 2 anni. Facciamo due
chiacchiere, in attesa delle macchine, e poi via verso Mora dove dovrebbe
esserci l’ ospedale per visitare lo sfortunato Alex. Arriviamo con il buio il
medico consiglia di recarsi a Maroua dove l’ ospedale è più attrezzato.
Mettiamo Alex a letto, il giorno dopo proseguirà per l’ ospedale con una
guida, mentre noi visitiamo la casa reale del capo di Oudijlla. Uno dei figli
ci accompagna attraverso le sale , le pareti sono in terra ed il luogo buio,
il numero delle mogli infinto la più giovane ha 24 anni la più vecchia 84.
Terminata la gita ci affrettiamo verso Maroua dove incontriamo Alex. La
scienza medica ha deciso che, a parte qualche contusione, non ha nulla di
grave e quindi può proseguire come passeggero a bordo dell’ auto, la moto
è
da dimenticare e terminerà il viaggio nel cassone del pick up.
Un lungo viaggio ci porta a Wangay al confine con la Nigeria. Il percorso è
per metà asfaltato (che noia) e per metà si snoda lungo una pista che
costeggia la riserva di Faro. Questa è vera Africa; incontriamo pochi
villaggi e la gente ci guarda stupita, il rumore delle nostre moto sovrasta
minaccioso quello delle minuscole moto guidate dai locali. Un cartello ci
avverte che la pista può essere attraversata dagli elefanti e più avanti un
branco di scimmie abbandona la pista pigramente per lasciarci passare. Una
lunga lingua di sabbia bianca, fiancheggiata dagli alberi verde smeraldo ci
consente di correre a gas spalancato fino a ritrovare il terreno duro.
La pista presenta diversi dossi, in prossimità dei torrenti che si formano
con le piogge , per noi diventano trampolini di lancio delle moto in una gara
di cross un poco fuori luogo, ma tanto non c’ è nessuno in giro ! E poi
arriviamo a Wangay dove, citando Eco ed il suo Il Nome della Rosa “hic sunt
leones”, oltre qui il nulla. Ci accolgono alte montagne di roccia nera
coperta di fitta vegetazione, spunta una lunga formazione rocciosa a forma di
torre che sembra essere il ricordo di antichi culti, mente è solo uno scherzo
della natura. Il villaggio è piccolo, piantiamo le tende nel cortile di un
gruppo di case, a fianco della moschea, sul cui minareto si rifugiano, per
trascorrervi la notte, alcuni pavoni. Il villaggio è privo di elettricità e
acqua corrente, la prima si
ottiene, pagando il pieno di un gruppo
elettrogeno la seconda si procura con una pompa dal pozzo. Per lavarci usiamo
il ruscello, gonfio per le piogge recenti.
Da Wangay partiamo per un trekking di 2 giorni che ci porterà a visitare
alcuni villaggi di contadini dove le donne portano un perizoma di foglie e
fumano la pipa. Non esistono sentieri e si passa attraverso la fitta
vegetazione, invidio i portatori perché portano delle semplici infradito e si
muovono con agilità, mentre io con i miei tecnologici scarponi arranco ! Nei
giorni successivi ci portiamo a Ngaounderè, dove mi stacco dal gruppo per
alcune ore e visito in solitaria il palazzo del Lamido (il signorotto locale)
ed il mercato, mischiandomi tra i locali. Il giorno successivo ritorno con il
gruppo al Palazzo, è Venerdì ed il Lamido dopo la preghiera nella Moschea
riceve la visita dei notabili locali vestiti con le tradizionali tuniche
colorate. La guida che mi ha accompagnato nella visita il giorno precedente,
mi riconosce e mi fa conoscere il segretario del Lamido con il quale
chiacchiero, nel mio stentato francese. La sera saliamo sul treno
che ci
porterà a Yaoundè, le moto nel vagone merci, il treno viaggia in ritardo ed i
sedili sono scomodi. Però quello che mi affascina di più sono le persone; nel
vagone c’ è un continuo passaggio di gente che vende cibo e bevande. Al
mattino compare un ragazzo che elargisce una dotta conferenza sulle malattie
africane più comuni, tra cui spiccano i vermi intestinali per i quali propone
alcune pillole, che vende a tutti presenti. Ad ogni fermata sui binari
compaiono venditori di acqua, manioca e mais abbrustolito che corrono avanti
e indietro tentando di vendere la propria merce. Da Yaoundè la strada
asfaltata ci porta a Douala per imbarcare noi e le moto. Mirco e io
conosciamo alcuni locali e ci lanciamo in una serata in disco con musica
congolose, ci sono molte ragazze giovani e carine interessate a noi, il
turista è sempre ambito in quanto sinonimo di benessere, triste ma è così .
Ci regaliamo una Domenica sul mare a Limbe, nella spiaggia del Seme New
Hotel. La sabbia è nera di origine vulcanica contornata da palme cariche di
noci, il mare è grigio e caldo e si confonde con il cielo, anch’ esso grigio,
alle nostre spalle si alza il Monte Cameroun un vulcano che, con i suoi 4000
m sovrasta la zona. Guardo il paesaggio in silenzio, felice di essere ancora
in Africa.
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