ELBA: andata e ritorno con periplo 

 

Il ritrovo di buon mattino alla curva su via Bologna radunava un manipolo di centauri e accompagnatori festosi e già pronti, quasi prima del previsto… a prendere la via per l’Elba.

All’insegna del solleone, sul quale hanno fatto timido capolino poche inconsistenti nuvole, attraversiamo gli Appennini in un’unica tirata.

Scivolati su due ruote felicemente al di là dei pendii, tra veicoli, tunnel e strettoie a metà tra il poliziesco (furgoncino polizia penitenziaria) e il grottesco (la bitumatrice che trasudava catrame), sopravvissuti alla morsa del caldo che ci aspettava giù dalla discesa verso Firenze, grazie ad un custode comprensivo ed alla mediazione di un centauro premuroso superiamo anche la prova “W.C.” della prima sosta in un’area non proprio attrezzata (con immensa gioia di chi scrive…).

Per quanto inebriati dai panorami multicolori e dai profumi delle colline, disseminate di cascinali e agriturismi ammiccanti, non potevamo non ignorare i morsi della fame che plachiamo finalmente alle soglie di Volterra, a pane e finocchiona, e tagliate e tante (ma tante) olive e qualche sorso di rosso schietto.

Finalmente rinfrancati, proseguiamo la discesa in un primo pomeriggio assolato che ci offre la vista di singolari striature brune nei campi ai piedi di Volterra, giù in direzione di Cecina, interrotti a un punto da singolari rovine controluce, su di un’altura a bordo strada, a sottolineare con la loro ombra il bruno delle spighe più scure. Man mano che scendiamo altri colori e singolarità, come le balle di fieno arrotolate sotto i pini marittimi. E siamo già in dirittura costa: all’altezza di San Vincenzo pieghiamo verso Piombino, attraversando la corsia ombrosa di lecci, con le aperture che sanno di salmastro affacciate su specchi d’acqua e di canne, e le folate odorose della macchia mediterranea che arrivano fin dentro al casco, così che ti pare di esserci là fuori.

Traghettati felicemente a Rio Marina, dopo una doccia ristoratrice ci godiamo le terrazze dell’Hotel Etrusco, con l’aiuto delle buone chiacchere, di qualche giro di aperitivi e di un massaggio distensivo per i più fortunati.

Il mattino dopo, baciato dal sole che si infila sul tavolo della colazione, a ferro di cavallo (con tanto di lato d’onore per la coppia più recente), ci vede partiti alla volta di Cavoli scegliendo di fare il giro… dell’oca! Che già a Procchio veniva invitata a bere nel delizioso angolo del bar La Pinta (un nome, una promessa), ma in realtà teneva botta sino alla prima pausa ristor-fotografica a Marciana Marina.

Abbandonata l’insenatura deliziosa, il meglio doveva ancora venire: tornanti e scorci incantevoli, poi  la strada a strapiombo fino alla Costa del Sole, con le spiaggette a filo giù nel fondo, visitate solo dalle barche dei fortunelli, e i panorami mozzafiato che a Fausto avevano suggerito riflessioni profonde

Ma già il mezzodì era passato da un po’, solerti ci dirigiamo a Cavoli, delizia per gli occhi anticipata dalle agavi in fiore e dalle purpuree spalliere di buganvillea.

Finalmente un tuffo, d’acqua salata e gente, e pepite di pseudo sabbia rovente, e macedonia acciambellata sul gelato (ma anche da sola) , a rinfrescarci palato e pelle, fin nei pensieri. La lunga pausa di spiaggia terminava lasciando il tempo di un aperitivo a Capoliveri solo ai più temprati, mentre il resto del gruppo piega la moto (e gli stracci) verso l’hotel, con un ritorno solleticato da un’arietta decisamente più frizzante.

 

La sera del sabato raccoglie una tavolata ancor più festosa, accesa nei visi dai raggi del sole impietoso, nelle chiacchere dai calici di vino gioioso, a continuare in un dopocena di foto e cicchetti, sigari e scherzi.

La domenica scioglie la compatta brigata in soggiorni prolungati e ritorni spaiati, ma porta ancora sole, compagnia e tavolate d’armonia.

 

 

Isotta