Dal Verdon al Monte Bianco

10-14 agosto 2004 

E’ un itinerario che si snoda per buona parte in territorio francese con la valle Roya, il canyon del Verdon, per poi puntare a Nord per il giro intorno al Monte Bianco (come proposto da Mototurismo di agosto) con alcune “ciliegine” finali, che portano a 19 i passi alpini, di cui 8 oltre i 2000 mt. e 2 di poco sotto.

Bagnatozuppo (che per brevità chiamerò Bazu) e Michele (un suo amico) sono “saliti” fin qui dalla lontana Puglia, apposta per fare questo itinerario e godersi alcuni tratti della Route des Grandes Alpes. Sono graditi ospiti a casa mia. 

Martedì 10 agosto. Fossano-località imprecisata oltre Castellane.

Alle 8,00 in punto partiamo da Fossano e ci dirigiamo verso il colle di Tenda, per farci tutta la valle Roya di cui Bazu ha un caro ricordo e un po’ di nostalgia. Io, che vado più piano e che conosco bene la strada, mi metto in testa, Bazu e Michele dietro, mooolto pazienti... Il cielo è un po’ grigio, ma il meteo dice che è solo la coda di una perturbazione. Infatti dopo l’orribile tunnel lungo, stretto e buio del colle di Tenda (mt. 1321), in Francia ci attende il sole!!!

Con animo allegro affrontiamo gli ampi tornanti della nuova strada che dal colle scende in valle Roya, e poi ci inoltriamo nella valle, che a volte si allarga regalando suggestive inquadrature come quella del paesino di Saorge, che pare appeso alla montagna, a volte invece si stringe in gole profonde, dove la roccia assume i colori più strani tra cui predominano il verde e il viola.

I nostri tempi sono abbastanza stretti: Bazu e Michele devono assolutamente rientrare a casa domenica. Così a Ventimiglia prendiamo l’autostrada per la Francia: casello di entrata, una curva di raccordo, casello di uscita, pedaggio!!! Saranno si e no 200 metri, e il pagamento del pedaggio sembra proprio una presa in giro. Va beh…

Nonostante il gran traffico, in un’oretta arriviamo all’uscita per Draguignan. Puntiamo decisamente verso nord e dopo una sosta a Comps-s-Artuby per rifocillarci, ci dirigiamo verso le Gorges du Verdon.

In breve il paesaggio si fa sempre più aspro, tutto dove volgi lo sguardo vedi soltanto rocce e vegetazione bassa, finchè improvvisamente… lo Gorges du Verdonsenti, prima ancora di vederlo: il vuoto che si apre sotto di te. Ci fermiamo alla prima piazzola, ci affacciamo al parapetto e ci manca il fiato: il fiume, di un colore verde impossibile, dopo essere uscito da una profondissima gola scorre impetuoso sotto di noi, molto ma molto più in basso, formando un’ansa, una specie di U, per poi scomparire in un’altra gola, altrettanto profonda, in uno scenario talmente grandioso che si perde il senso delle proporzioni. Solo la presenza di alcuni ragazzi che si stanno tuffando là sotto, nell’ansa del fiume che in quel punto forma un laghetto, ci dà un’idea di quanto il canyon sia profondo.

Proseguiamo lungo la Corniche Sublime, la strada di una ventina di chilometri che i francesi hanno saputo costruire proprio sul bordo del canyon, e poco dopo passiamo sul ponte che attraversa il canyon dell’Artuby, un torrente affluente del Verdon. Guardando giù dal ponte ci troviamo letteralmente sospesi su un vuoto impressionante, interminabile, al fondo del quale si trova il letto ormai asciutto del torrente.

Lungo la Corniche ci sono molte piazzole panoramiche dove frequentemente ci fermiamo per scattare fotografie e per guardare il paesaggio, ma Gorges du Verdonsoprattutto per guardare giù, là in basso, dove quel nastro verde scorre tra pareti verticali di rocce biancastre, che si innalzano all’inverosimile verso il cielo, costellate di cespugli verde scuro, in un tripudio di grandiosità che ti mette soggezione. Quasi ti pare di percepire la sensazione del tempo, delle generazioni il cui ricordo si è ormai polverizzato attraverso i secoli, mentre queste rocce sono sempre lì, maestose, pressochè immutabili.

Verso il termine della Corniche il paesaggio si fa meno aspro, le rocce lasciano il posto al verde di boschi e prati, oltre i quali scorgiamo il lago di S.te Croix, nel quale si placa il Verdon. Con alcuni tornanti si scende rapidamente di quota e ci troviamo per un tratto a costeggiare il lago, finchè la il Verdon entra nel lagostrada passa sopra un ponte che attraversa il Verdon, proprio nel punto in cui il canyon quasi all’improvviso finisce, e fiume e lago si fondono in un verde smeraldo. Da non crederci: proprio qui una miriade di persone ha preso d’assalto le spiagge del lago, alcuni ragazzi si stanno tuffando dalle ultime rocce del canyon, altri risalgono il fiume con una quantità impressionante di ogni tipo di imbarcazione. Sembra di essere a Rimini in piena stagione. Abbiamo gli occhi ancora pieni di stupore per le meraviglie che abbiamo appena visto e lo spettacolo che ci troviamo davanti agli occhi ci sembra quasi oltraggioso. Mah…

E’ metà pomeriggio, fa molto caldo. Dopo una sosta ristoratrice a Mustiers-S.te-Marie riprendiamo la strada che ora corre sulla sponda destra del canyon, verso Castellane. C’è molto traffico, ma la strada è molto bella, un susseguirsi ininterrotto di curve stupende, tanto che Bazu e Michele mi sorpassano e dopo poco spariscono, per godersele appieno. A la Palud-s-Verdon c’è un campo di lavanda ancora in fiore, e provo ad immaginare quale sarebbe lo spettacolo a venire da queste parti almeno un mese prima…

Ora è Bazu che tira il gruppo, noi lo seguiamo e l’andatura è allegra, forse troppo perché, giunti al Point Sublime, anziché fermarsi come avevo previsto, Bazu tira dritto. Peccato…

Ben presto la strada scende al livello del fiume, e per pochi chilometri ci si trova proprio dentro al canyon, dove un gruppo di ragazzi sta facendo scuola di rafting. Ma il canyon ormai è finito e la strada ora corre in mezzo ai prati che precedono Castellane ed entriamo in città. Anche qui, nella piazza centrale del paese c’è una quantità enorme di gente e una confusione indescrivibile. E’ ormai tardo pomeriggio e così iniziamo a cercare un hotel, ma niente da fare. Tutti gli hotel dove chiediamo sono “complet”. Prendiamo la route Napoleon in direzione Digne fermandoci ad ogni hotel che troviamo, finchè il paese finisce e ci troviamo in aperta campagna… Proseguiamo. La strada è stupenda, alcuni tornanti, una lunga serie di curve e dopo una quindicina di chilometri scorgiamo un hotel che dà sulla strada, sperduto in mezzo a verdissimi prati e fitti boschi, circondato dalle montagne. Hotel “la Tuilière”. Avrà da dormire?...

Ci fermiamo, entro e chiedo. Il titolare è un omino attempato, dall’aria un po’ strana ma simpatico. Sì, hanno delle stanze dove solitamente vengono ospitati i “motard”. Perfetto!! Possiamo vederle? Sì, e ci accompagna di sopra. La sistemazione è piuttosto spartana, ma non importa, il posto da dormire lo abbiamo finalmente trovato. Hanno anche il ristorante. E le moto? Avete un garage? Ma certamente! E ce lo fa vedere: un garage bello ampio e chiuso a chiave, dove conduciamo le nostre bimbe per un meritato riposo.

Saliamo nelle camere e ci organizziamo per la doccia. Dietro la porta delle camere c’è un cartello che avvisa di saldare il conto la sera stessa, e così dopo aver cenato, con un pollo alle erbe che è una squisitezza, mi dirigo alla cassa per pagare ma il proprietario, che poi scopriremo essere originario della Corsica, mi dice che pagheremo domattina. Tanto io ho le vostre moto…!!!

Dopo una breve passeggiata in mezzo ai boschi, in una quiete e un silenzio d’altri tempi rotto soltanto dal nostro chiacchierare, prima di andare a nanna ci sediamo ad un tavolino davanti a una birretta, a commentare la giornata appena trascorsa. 

Mercoledì 11 agosto. Oltre Castellane-Susa.

Sveglia alle 6,30. Bazu non fa mai colazione, ma in compenso ha con sé l’immancabile caffettiera elettrica e così si spara subito due tazzine di caffè. Io invece scendo a fare colazione e poco dopo mi raggiunge Michele, che ridendo mi racconta che Bazu, a causa del letto troppo morbido (come una parentesi tonda, dirà lui), ha dormito per terra, nel sacco a pelo che provvidenzialmente si è portato dietro. Arriva anche Bazu, e dice di aver dormito benissimo… Mah…

Saldiamo il conto, prendiamo le moto nel garage e Bazu scopre di aver perso una vite del telaietto che regge le valigie laterali. Chiediamo all’omino corso, che ci indirizza nel primo paese, a pochi chilometri, dove c’è un distributore di benzina che fa anche il meccanico. Bazu allora si arrangia con un po’ di nastro adesivo e partiamo. Ci fermiamo al distributore e il meccanico fortunatamente trova la vite con il passo giusto. Approfittiamo per fare il pieno e via!!!

La route Napoleon è una strada bellissima, con curve ampie e scorrevoli e il fondo liscio come un biliardo. In breve arriviamo a Digne-les-Bains, una bella cittadina, dove ci fermiamo per un primo caffè e poi riprendiamo, direzione Lago di Serre-Ponçon. Sono una sessantina di chilometri di curve, e la strada attraversa tre colli: il Labouret (mt. 1240), il col de Maure (mt. 1346) e il col St. Jean (mt. 1333). Non sono molto alti, ma il primo è spettacolare, perché si passa attraverso un’autentica foresta di pini, dove si respira un’aria leggera, quasi frizzante.

Poco dopo Seyne, dove scopriamo una bellissima chiesa antica, siamo già in vista del lago di Serre-Ponçon. Qui la strada sale un po’ in quota e Briançonil luogo ci costringe a frequenti soste per ammirare gli splendidi panorami che si aprono davanti ai nostri occhi. A Savines-le-lac prendiamo in direzione Briançon e dopo esserci fermati a Embrun, che da uno sperone roccioso domina la valle della Durance, il fiume che confluisce nel lago, proseguiamo fino a Briançon, dove visitiamo la città fortificata.

 

L’interno della città antica pullula di turisti. I tavolini del ristorante che si trova sulla piazzetta della cattedrale sono tutti occupati. Proseguiamo il giro e andiamo verso le mura esterne, dove troviamo posto in un bar-ristorante dal quale si può ammirare la montagna che sta di fronte a Briançon. Una lunga funivia porta alle piste da sci di Serre Chevalier, il cui sviluppo sinuoso scorgiamo tra i pini.

Dopo esserci rifocillati ripartiamo. Direzione Monginevro e quindi Italia, fino a Susa. Nonostante i suoi 1850 metri di quota, il Monginevro è un colle “non colle”, nel senso che non ti dà le sensazioni che ti danno gli altri passi alpini: è un susseguirsi di hotel, ristoranti, negozi, case di villeggiatura e c’è perfino un campo da golf... Dopo il Monginevro la strada scende rapidamente di quota per giungere a Cesana Torinese, e da qui prendiamo per la valle Susa, dove è d’obbligo una sosta per ammirare e fotografare la mole imponente del forte di Exilles.

Arriviamo nella città di Susa a metà pomeriggio, tanto che forse ci sarebbe il tempo di fare anche il Moncenisio, il nostro prossimo obiettivo. Bazu però, forte della sua esperienza di… “bagnatozuppo”, mi fa notare i nuvoloni che si addensano sulle cime, proprio là dove dovremmo andare noi, e così desistiamo. All’edicolante della piazzetta centrale chiedo notizie sugli hotel della città. Ci indirizza all’hotel della stazione, “quello dove vanno tutti i motociclisti”, dove due camere non le hanno più, però hanno una tripla. La vediamo e ci sembra molto confortevole. Hanno anche una specie di garage dove sistemiamo le moto. Va bene, la prendiamo.

Dopo l’irrinunciabile doccia usciamo e andiamo alla scoperta della città. Susa ha un centro storico molto bello, dominato dalla mole del campanile romanico della cattedrale, dalla forma imponente ma al tempo stesso elegante, snellito da più ordini di bifore, trifore e quadrifore. Accanto alla cattedrale c’è la porta romana: un arco fra due torri tonde e più ordini di finestre. Passeggiamo un po’ per il centro storico e poi ci fermiamo in un ristorantino, dove ho modo di gustare delle ottime braciole di agnello. Tornati all’hotel, solita birretta e i rituali commenti sulla giornata trascorsa, con un po’ di apprensione per il tempo che troveremo domattina… 

Giovedì 12 agosto. Susa-Aosta.

Sveglia alle 6,30 che è ormai la nostra ora. Diamo subito un’occhiata fuori, ma ahinoi, il cielo è grigio… Però non piove e così ci diamo da fare. Solito caffè di Bazu, mentre io scendo con Michele per la colazione. Saldiamo il conto e partiamo.

La strada che sale al Moncenisio è molto bella, una sequenza ininterrotta di curve e qualche tornante, su un asfalto perfetto. In poco tempo saliamo in quota ma… all’improvviso ci troviamo nelle nuvole. In quella nebbia non si vede quello che c’è intorno e così, quasi senza accorgercene, arriviamo all’altezza del lago. Me ne accorgo io che, avendola percorsa l’estate scorsa, riconosco la strada. Ci fermiamo. Le nuvole passano basse e veloci e a tratti lasciano intravedere la diga in pietra, mentre su, verso il cielo, si intuisce la presenza del sole.

Proseguiamo, ma dopo un paio di curve troviamo in mezzo alla strada un grosso masso che evidentemente è caduto durante la notte, seminando Lago del Moncenisiodetriti tutto intorno. Con una certa apprensione superiamo l’ostacolo e ci fermiamo poco dopo al primo bar, che era già al corrente dell’accaduto, e anche perché Bazu vuole comprare gli adesivi. Nel frattempo le nuvole si stanno diradando e così poco a poco riusciamo a vedere il lago quasi per intero.

 

Appena passato il colle del Moncenisio (mt. 2083), la valle d’Arc ci accoglie con uno splendido sole. La strada che scende dal colle è bella, ampia, con ampi tornanti e curve molto scorrevoli, tanto che in pochissimo tempo siamo nel fondovalle, a Lanslevillard, dove svoltiamo a destra in una delle valli più belle che mi sia mai capitato di vedere. Prima di affrontare l’Iseran ci fermiamo per un caffè a Bonneval in un bar che conosco, dove l’anno scorso lavorava una ragazza peruviana con la quale intrattenni una lunga conversazione in spagnolo.

La ragazza c’è ancora. Entriamo e mi riconosce subito, e il suo volto si illumina come se avesse visto un familiare. Le ordino subito i caffè (ovviamente in spagnolo) e quando ce li porta le chiedo se è andata in Perù a trovare i suoi. Mi risponde che ci andrà ad ottobre, per due mesi, e sottolinea il “due mesi” con alcuni punti esclamativi. Si chiama Leslie, avrà al massimo trent’anni, ha i lineamenti tipici delle popolazioni andine, parla un francese pressochè perfetto (a me pare così), è una ragazza carina e molto affettuosa e mi dà un grosso bacio quando ripartiamo. Come l’anno scorso mi chiede: ritornerai? Quién sabe…

La strada che si inerpica verso il col de l’Iseran inizia proprio a Bonneval. Dopo i primi tornanti si giunge in un’ampia conca di prati verdi, dalla quale possiamo ammirare lo spettacolo dei ghiacciai che brillano sotto il sole sulle montagne del versante opposto, che si stagliano contro il blu del cielo. E’ una splendida giornata. Di fronte a noi si dipana la strada che sale al colle, ma per descriverla voglio usare le parole di Bagnatozuppo, che descrive l’Iseran “forse il signore dei passi. Una montagna aspra e severa, che con molta cautela ti concede di salirle addosso regalandoti scenari da favola, viste sui ghiacciai che brillano al sole e una cima a 2700 metri, in cui il vento ti accarezza con la ruvida forza di una montagna”. Bello. Molto bello. E soprattutto vero. E’ proprio così.

Il colle (mt. 2770) è molto affollato da motociclisti e anche da ciclisti, che hanno avuto la forza di salire fin qui… Tira un po’ di vento e le bandiere Col de l'Iseranissate sui pennoni sventolano vigorosamente. Due motociclisti triestini ci chiedono di scattare loro una foto col cellulare, per inviarla ai loro colleghi di lavoro e farli crepare d’invidia… Va beh, succede anche questo…

 

Dopo un po’ decidiamo di scendere. L’itinerario dice: Val d’Isère e poi giù, fino a Bourg-St.-Maurice, dove affronteremo le rampe del Piccolo San Bernardo. Dopo una serie di curve e alcuni tornanti, si apre sotto di noi l’ampia conca in cui si trova il paese di Val d’Isère, uno di quei paesi nati praticamente dal nulla e oggi invece uno dei più importanti comprensori sciistici di tutta la Francia. Lo stile delle costruzioni si ispira più o meno alla montagna e molte di queste hanno rivestimenti esterni in legno. Dopo un rifornimento di benzina in un distributore che troviamo quasi per caso perché camuffato da minimarket…, ripartiamo e dopo un’altra breve sosta al lac du Chevril, che si trova poco più a valle, ci tuffiamo lungo la bella strada che scende fino a Bourg-St-Maurice, tra bellissime pinete e piccoli paesi di montagna.

Prima ancora di entrare nel paese di Bourg-St-Maurice scorgo l’indicazione per il Petit S.Bernard e così, senza indugio, svoltiamo a destra e Panorama su Bourg St.Mauriceiniziamo la conquista del colle. Da qui iniziamo anche il giro ad anello intorno al Monte Bianco. La strada è molto bella, con una serie interminabile di ampi tornanti che per una ventina di chilometri si arrampicano sulla montagna in mezzo a maestose pinete fino a La Rosière dove ci rifocilliamo sulla terrazza di un ristorante, davanti all’ampio panorama che dà su Bourg-St.-Maurice.  Il Piccolo San Bernardo (mt. 2188) ci attende poco dopo.

Il cielo nel frattempo si è un po’ coperto. Scattiamo qualche foto e poi scendiamo passando vicino al piccolo lago Verney e, dopo una serie di tornanti che ci fanno rapidamente perdere di quota, ci fermiamo a La Thuile, dove Bazu è stato in vacanza anni fa. Dopo un caffè nuovamente “italiano” affrontiamo gli ultimi tornanti che scendono a Pré St.Didier e qui imbocchiamo l’ampia strada che scende da Courmayeur verso Aosta, dove arriviamo a metà pomeriggio e cerchiamo l’hotel Torino. Entriamo e chiediamo. Come ieri: non hanno più due camere ma hanno ancora una tripla. E le moto? Abbiamo un garage proprio qui sotto, che per le moto è gratuito!!! Perfetto!!!

Una bella doccia e poi usciamo alla scoperta della città. L’hotel è a quattro passi dal centro storico e così in breve ci troviamo davanti alla Porta Pretoria, uno dei tanti resti dell’insediamento romano. Visitiamo il più cospicuo complesso medievale della città, quello di S.Orso, con il campanile romanico, il priorato, la collegiata, la cripta, il tutto su una piazzetta dove c’è anche un tiglio secolare. Veramente molto bello. Poi ci sediamo ad un bar che dà sulla piazza proprio di fronte all’arco di Augusto.

Mentre ci gustiamo una birra, all’improvviso incomincia a piovere. Un vero e proprio acquazzone. Per fortuna noi siamo riparati dalla tettoia del bar e così continuiamo tranquilli a chiacchierare, ad inviare SMS e a leggere quelli che ci sono arrivati. In particolare Bazu è impegnato a “colloquiare” con Marvin, che ogni tanto si informa sul procedere del nostro viaggio. Veramente molto carina.

Smette di piovere e proseguiamo la visita della città, ma ad un certo punto ricomincia, una pioggia insistente. E’ ora di cena e così ci ripariamo in un ristorante proprio nella via centrale, dove mandiamo in tilt l’attempato cameriere che viene al tavolo, perché non vogliamo il menù a prezzo fisso ma soltanto alcuni piatti e lui va letteralmente in confusione. Per fortuna interviene un collega più giovane e tutto si sistema.

Quando usciamo ha smesso di piovigginare. Ci concediamo ancora una birretta nel bar dell’arco di Augusto e poi andiamo a nanna, con molta apprensione per il tempo perché per l’indomani il nostro itinerario prevede il giro del Monte Bianco… 

Venerdì 13 agosto. Aosta-Moûtiers.

Michele si alza per primo. Va subito alla finestra e… ragazzi, vi devo dare una triste notizia: piove! Porc…!!!L Ci precipitiamo anche noi alla finestra e… miracolo!!! il cielo è di un blu quasi indecente!!!  Michele per poco rischia il linciaggio per lo scherzo che ci ha tirato.

Solito doppio caffè di Bazu, solita colazione mia e di Michele e, con l’entusiasmo alle stelle, partiamo alla volta del Gran San Bernardo, con un sole quasi abbagliante. La strada è molto scorrevole e l’aria fresca, quasi frizzante, ci fa aumentare la carica di entusiasmo che sentiamo dentro.

Al bivio per il tunnel noi prendiamo a destra e incominciamo ad inerpicarci lungo i tornanti che salgono al colle, in mezzo ad una fitta pineta dove, essendo ancora in ombra, fa quasi freddo. Per fortuna dopo un po’ la strada cambia versante, si dirada la vegetazione e ci troviamo in mezzo ai prati inondati da uno splendido sole, ad ammirare le montagne tutto intorno. E’ uno spettacolo maestoso!!!

Ancora qualche curva, una diagonale, e improvvisamente si presenta davanti a noi il lago del Gran San Bernardo, le cui acque riflettono l’azzurro del cielo, e sullo sfondo l’imponente mole dell’Ospizio, situato proprio sul colle.

Sul colle (mt. 2463) il termometro segna 5 gradi… Ci fermiamo per andare a visitare il famoso allevamento dei cani. Ci sono cinque coppie di cagnoni, belli, paciosi, che per la verità ci guardano senza troppo interesse. Visitiamo anche il museo, dove tra le tante cose interessanti scopriamo che lì, su quel colle, in un inverno sono caduti fino a 24 metri di neve!!! Incredibile!!!

Dopo un modesto caffè svizzero (il colle è già in territorio elvetico), riprendiamo la nostra strada e iniziamo la discesa verso NonnorichiMartigny che ad un certo punto si raccorda con l’uscita del tunnel e da lì la strada prosegue per lunghissimi tratti in una serie di noiose gallerie, che hanno l’unico merito di rendere breve il tragitto.

 

Dopo le gallerie la valle si fa bella, a volte si stringe tra due pareti di roccia, ma la strada rimane ampia e scorrevole e così in breve giungiamo a Monte BiancoMartigny, dove prendiamo a sinistra per il Col de la Forclaz, lungo la strada che, con alcune diagonali, si arrampica sulla montagna che sovrasta la cittadina per poi inoltrarsi verso il colle tra ampie pinete. Dall’altra parte del colle (mt. 1527) il panorama si perde su prati verdissimi, alternati a fitte pinete, e proprio fra due pini, alzando lo sguardo lo vedo, là, maestoso, il Monte Bianco, negli squarci lasciati aperti dalle nuvole che nel frattempo ne stanno coprendo la cima. Chiamo Bazu e insieme, quasi in silenzio, contempliamo tutta la possenza che mostra questa montagna. Voglio anche qui riportare ciò che Bazu scrive a proposito del Monte Bianco: “Inaspettato, compare tra due abeti enormi e ti viene quasi da salutarlo levandoti il cappello, per rispetto”. Bravo Bazu, hai proprio reso l’idea.

Riprendiamo il nostro viaggio e, rientrati in Francia, dopo aver superato il modesto col de Montets (mt. 1461) scendiamo a Chamonix, dove la nostra attenzione è attirata, sulla nostra sinistra, da una cascata di ghiaccio che scende dal ghiacciaio quasi a lambire le prime case. A vederla così sembrerebbe la colata di lava di un vulcano, che improvvisamente si è arrestata lì, raffreddandosi e diventando bianca.

Subito dopo, la strada si raccorda con la superstrada che, uscendo dal tunnel del Monte Bianco, va verso il fondovalle con pendenze da brivido. E’ una strada a doppia carreggiata, molto bella, e nonostante il traffico intenso è molto scorrevole. Ad un certo punto però…

Ad un certo punto però alcune gocce di pioggia si fermano sulla visiera del casco. Porc… piove!!! e sempre più intensamente, tanto che ci dobbiamo fermare per indossare le tute antipioggia. Il primo pensiero che mi viene alla mente è rivolto a Bagnatozuppo, detto anche “un uomo, una perturbazione”: c’era da aspettarselo, non poteva essere altrimenti…L  E così, indossate le tute, riprendiamo la discesa, con un po’ di cautela perché ora la strada, oltre che molto ripida, è anche diventata viscida. Giunti però a fondovalle, circa 10 minuti dopo, smette di piovere e il sole fa nuovamente capolino tra le nuvole. Mi rimangio i cattivi pensieri di prima…J

A Le Fayet lasciamo la superstrada e prendiamo a sinistra salendo a St.Gervais-les-Bains, una cittadina di villeggiatura molto elegante, e in breve giungiamo a Megeve, altra notissima località sciistica francese, dove ci fermiamo per un boccone e poi ripartire. L’itinerario dice: Col des Saisies, Cormet de Roselend, Bourg-St.-Maurice e poi Moûtiers.

Così riprendiamo il nostro viaggio lungo la strada per Albertville e a N.D. de Bellecombe svoltiamo a sinistra e iniziamo la salita al Col des Saisies. Qui c’è molto meno traffico e così possiamo goderci appieno la bella strada, che si snoda in mezzo a pinete e verdissimi prati. Il colle (mt. 1633) si presenta di lì a poco, ma più che un passo alpino anche questo è una località di villeggiatura, nata dal nulla, con alcuni impianti di risalita e un paese molto grazioso, fatto tutto di casette in legno.

La discesa dal colle non è meno bella della salita, forse un po’ più ripida, e scendiamo così nella piana dove sorge il paese di Beaufort, dal quale inizia la salita al Cormet de Roselend, su una strada che corre sul fondo di una gola, le cui pareti però non sono di roccia bensì di pini, altissimi pini di un verde cupo che, forse complice il cielo ancora parzialmente coperto, rendono la zona quasi buia. Ben presto però saliamo in quota e, tra panorami stupendi, ci troviamo nuovamente in piena luce finchè, dopo alcuni tornanti, eccoci al lago di Roselend. L’ambiente è molto bello e, per godercelo come merita, ci fermiamo sulla terrazza panoramica dell’unico bar, per un caffè.

Per un tratto la strada costeggia il lago e poi riprende a salire, regalandoci ancora belle inquadrature panoramiche. Un paio di curve e il panorama Salendo al Cormet de Roselendcambia completamente, per aprirsi su una splendida conca di prati verdissimi, racchiusa tra le cime rocciose delle montagne. Bazu commenta: sembra di essere sulle highlands scozzesi. Ed è vero!!!

 

Il Cormet de Roselend, finalmente, è un passo alpino “vero”, con tanto di cartello che ne segnala l’altitudine (mt. 1968), che immortaliamo in una foto insieme alle nostre fedeli compagne di viaggio: SV650, la mia, Vstrom 1000 quella di Bazu, Fazer 1000 quella di Michele. La successiva discesa verso Bourg-St.-Maurice invece per me è un incubo. Forse sono un po’ stanco, ma la strada è molto stretta, ripidissima, con tornanti secchi da far paura, tanto che quando finalmente arriviamo in fondovalle sono letteralmente stremato. Proprio a Bourg-St.-Maurice si conclude il giro intorno al Monte Bianco, nello stesso punto dal quale era iniziato il giorno prima. Inutile dire che siamo molto soddisfatti.

I 27 chilometri che ci separano da Moûtiers, su una strada molto scorrevole, a questo punto sono uno scherzo e così intorno alle 18 arriviamo all’hotel Ibis, dove avevo già riservato due camere telefonando durante la sosta di Megeve, e ci facciamo una doccia più che meritata.

Usciamo anche questa volta alla scoperta del paese con una bella passeggiata defatigante. Il paese si trova alla confluenza di tre vallate, stretto tra monti abbastanza alti, non è molto grande, ma presenta alcuni spunti interessanti, tra cui la bellissima chiesa di Saint-Pierre, ricostruita nell’XI secolo, con annesso un complesso arcivescovile che pare un castello e un ponte in pietra che attraversa il fiume Isère. Ha anche un bel ristorante, nella via centrale. Decidiamo di entrarci e… ci prendiamo una bella stangata. Ma ne vale la pena. Primo, perché è l’ultima cena che facciamo in viaggio (domani infatti si ritorna a Fossano). Secondo, perché mangiamo un delizioso pollo farcito, con un tortino di pasta sfoglia e champignons che è una prelibatezza.

Quando torniamo all’hotel Bazu trova un SMS in cui Marvin gli annuncia tempo molto bello per l’indomani. Questa notizia ci mette di buonumore e per me ha quasi l’effetto di un sonnifero, perché non appena tocco il letto mi addormento come un sasso. 

Sabato 14 agosto. Moûtiers-Fossano.

Sveglia alla solita ora e il solito rito: caffettiera per Bazu e colazione per me e Michele. Questa volta però Bazu ci raggiunge nel ristorante e si lascia corrompere da una deliziosa brioche. Sacrilegio!!!

Quando partiamo, l’aria è pungente ma il cielo ancora una volta è blu!!!. Dopo qualche difficoltà finalmente troviamo la strada che sale al Col de la Madeleine, il primo della giornata. Sono quasi 50 chilometri di salita, anche abbastanza impegnativa perché per un lungo tratto la strada è molto stretta. Poi però finalmente si addolcisce nei pianori di alta montagna e così conquistiamo anche questo passo (il cartello generosamente gli regala un “mt. 2000”, 16 in più della cartina stradale), dove una sosta caffè è quasi d’obbligo.

Il panorama che si gode di quassù è a dir poco grandioso e lo sguardo, complice l’aria tersa e il cielo senza nuvole, può spaziare fin sulle vette Dal Col de la Madeleinepiù lontane, per poi abbassarsi sulla valle della Maurienne, dove scenderemo tra poco, e poi sui prati circostanti, dove alcuni impianti di risalita mi fanno immaginare quanto deve essere bello venire a sciare da queste parti…

 

La discesa sul versante opposto è molto più agevole. La strada ora è larga, con curve e tornanti ben disegnati ed è anche più breve. Arriviamo così a la Chambre e percorriamo un tratto della bellissima e agevole strada che sale al tunnel del Frejus fino a St-Michel-de-Maurienne. Da qui inizia la strada con la quale, in una quarantina di chilometri, si fanno ben tre passi: il Télégraph, il Galibier e il Lautaret.

Iniziamo la salita in mezzo al traffico più caotico, che purtroppo ci impedisce di apprezzare le ampie pinete attraverso le quali ci troviamo a passare, e in qualche modo arriviamo al Col du Télégraph (mt.1566), dove ci fermiamo per riprendere fiato e per scattare qualche foto. Poco dopo giungiamo a Valloire, un bellissimo paese di villeggiatura situato in una conca verdissima, attorniato da prati e pinete.

Dopo una sosta caffè (ma quanti saranno?...) riprendiamo il viaggio verso il col du Galibier e ben presto la montagna si fa aspra. I prati verdi lasciano il posto ad enormi pietraie e tutto intorno si vede solo roccia e cime aguzze che stagliano i loro pinnacoli sullo sfondo blu del cielo. Questa è montagna vera. Bazu e Michele, presi dall’entusiasmo, mi sorpassano e se ne vanno. Li ritrovo più a monte, davanti al tunnel che i francesi hanno scavato per evitare le ultime rampe, indecisi sulla strada da prendere (mi ero dimenticato di avvisarli del tunnel). Faccio loro segno di seguirmi, affrontiamo gli ultimi tornanti e siamo in cima. Ancora le parole di Bazu: “Tornanti ripidi, secchi, che ti fanno frenare di colpo perché un muro di moto ti si piazza davanti a dirti, con gli occhi di chi ti guarda arrivare, “Stacca, sei in cima”.

Il col du Galibier (mt. 2646) consiste infatti in una curva, quasi un tornante: da una parte si sale, dall’altra si scende. C’è una piccola piazzola per Dal Col du Galibierparcheggiare, ma c’è una confusione da sagra di paese tanto che a stento riusciamo a trovare un passaggio per parcheggiare le nostre moto e poi andiamo a goderci il panorama. Grandioso!!!!!! Dovunque si volga lo sguardo si vedono montagne e la linea dell’orizzonte è simile ad un elettrocardiogramma. Se non fosse per la gran confusione che c’è, verrebbe voglia di fermarsi per ore, a contemplare.

 

Ripartiamo. Cercando di districarci nel gran traffico scendiamo fino ad arrivare al Col du Lautaret, dal quale si può ammirare in tutta la sua estensione il Glacier de l’Homme, che si trova proprio sulla montagna di fronte a noi. Sul colle c’è un po’ di tutto, anche una bancarella dove Bazu scopre delle enormi brioche che sembrano grandi pagnotte. Un cartello dice 5 €uro. Bazu tenta di corromperci, ne vorrebbe comprare una da dividere domani per colazione, ma io e Michele siamo irremovibili. No! Ci sembra un po’ deluso…L e si accontenta di portarla via fissandola nella memoria della sua digitale.

Dopo questo mancato acquisto riprendiamo il viaggio, direzione Briançon, dove arriviamo intorno all’una e sostiamo in un bar un po’ decentrato, proprio vicino all’inizio della strada che sale al Col d’Izoard, la nostra prossima meta. Ci sbaffiamo un panino-baguette di una trentina di centimetri e ci riposiamo un po’.

La giornata continua ad essere molto bella. Marvin aveva ragione. Riprendiamo il viaggio e affrontiamo la salita al Col d’Izoard, una salita molto agevole, su una strada molto bella, che fino quasi in cima passa in mezzo a fitte pinete. Sul colle (mt. 2360) tira un vento molto forte, che solleva nuvole di polvere.

Ma la vera attrazione di questo posto è poco più oltre: la Casse Déserte, ovvero una pietraia che scende in maniera uniforme lungo tutto il fianco Col de l'Izoard-Casse désertedella montagna, e attraverso la quale passa proprio la strada che dobbiamo percorrere. Fa una certa impressione…  La strada poi prosegue, sempre molto bella e, dopo alcuni tornanti, scende nel verdissimo pianoro di Brunissard e poi, ancora più giù, nella valle del Queyras.

 

Qui svoltiamo a sinistra, per affrontare l’ultimo impegno del nostro viaggio: il colle dell’Agnello, dal quale rientreremo in Italia. Percorrendo una strada sempre molto bella e scorrevole, dopo una breve sosta fotografica a Chateau-Queyras giungiamo a Molines-en-Queyras, dove inizia la salita all’Agnello.

Pur rimanendo con un fondo accettabile, la strada ora si fa stretta. E’ una strada di montagna che sale dolcemente per almeno una decina di chilometri. La conosco quasi a memoria, perciò ne lascio la descrizione alle parole di Bagnatozuppo, che sono quelle di chi vede questo colle per la prima volta, con occhi nuovi:

“Cominciamo la salita attraversando paesi così minimi che puo’ essere percorsa solo da una macchina per volta. La salita e’ dolce, quasi una non salita. Si snoda lungo un vallone che lascia quasi perplessi.

Poi la montagna sembra dirti “Ora si fa sul serio”. Te lo dice con l’apparizione, dietro una curva, di una cima grigiastra che sbianca verso la Colle dell'Agnellopunta. I tornanti si rifanno secchi e in breve tempo sei in cima. Una cima angusta in cui tutti si contendono il pochissimo spazio per una foto o un’occhiata alla strada percorsa o a quella da percorrere per scendere da li. Il vento e’ feroce ma non freddissimo.

 

Scendiamo. L’ultima volta. La strada e’ ripidissima. Chi non c’e’ mai stato ci arrivi dall’Italia, e’ una strada splendida da fare in salita.

Gli ultimi ricordi sono un signore attempato con una Guzzi 500 rossa, casco a scodella e occhialini, che sale adagio con il suo rumore di punterie, e nonnorichi seduto al bar che dice “Ora sono proprio finiti”.

 

Non ho tenuto il conto dei chilometri effettivi, che dovrebbero essere intorno ai 1350, nemmeno tanti, ma 19 passi alpini più tutto il giro del Verdon per me non è cosa da poco... Il tutto, con solo 10 minuti di pioggia in 5 giorni. Ciò significa che tutti quelli che parlano di Bagnatozuppo come “l’uomo della pioggia” si devono assolutamente ricredere. E’ tutta una montatura. Non è vero niente!!!!!!

Grazie Bazu, grazie Michele. Siete stati dei compagni di viaggio meravigliosi!!! J J J

Alla prossima!

                                                                                      Riccardo Stella

                                                                           (“nonnorichi” nel Forum di MT)